giovedì 29 ottobre 2009

Berlusconi chiama Ballarò: processo Mills, giudici comunisti un'anomalia italiana

Un luogo comune è un'opinione (non necessariamente "vera") o un concetto la cui diffusione, ricorrenza o familiarità ne determinano l'immediata riconoscibiltà.

Spesso si parla del luogo comune come di un tòpos: un luogo letterario. Forse sarebbe più corretto dire che il tòpos si lega ad un motivo riconoscibile, ma fondato, mentre il luogo comune sconfina nella diceria. Ne consegue che un luogo comune non è mai una buona argomentazione, perché spesso l’abitudine è fondata su pregiudizi, banalizzazioni, ovvietà.


Dire che i giudici sono comunisti è essenzialmente un luogo comune. Del resto, per Berlusconi tutti coloro che prendono posizione critica nei suoi confronti sono comunisti.


È ovvio che all’interno della magistratura ci sono esponenti simpatizzanti di quel o quell’altro partito. Ma l’applicazione delle leggi non è certo una questione politica e il sistema legislativo ha sufficienti misure di garanzia dell’imparzialità dei pm e dei magistrati.

È ovvio che questa argomentazione è opinabile. Ma non è un luogo comune: è un tòpos.

martedì 27 ottobre 2009

Fini ci insegna ad essere Kennedy

"Per vincere contro la mafia bisogna guardare dentro se stessi. Bisogna liberarsi dalla pigrizia e dalla convinzione che tanto ci pensa qualcun altro. Un grande presidente americano disse "non chiedeteci cosa l'America può fare per voi ma cosa voi potete fare per l'America" e io lo dico a voi giovani: 'non chiedetevi cosa può fare lo Stato per voi, ma quello che voi potete fare per lo Stato" Gianfranco Fini, 30 marzo 2009

Il chiasmo (letteralmente dal greco "struttura a croce di chi greca") è forse la figura retorica per eccellenza. Il termine deriva dalla lettera X (pronuncia "chi") che rappresenta la contrapposta opposizione di termine che genera questa figura di costruzione.

Gianfranco Fini lo scorso marzo è intervenuto a Bagheria alla cerimonia conclusiva dell'anno accademico del Parlamento della Legalità. In qualità di presidente della Camera ha voluto dire la sua, sottolineando che mentre "contro le dittature si usano le armi, contro la mafia le 'armi' sono la legalità e il rispetto delle leggi".

Abile parlatore e comunicatore, Fini si è poi ricordato di un celebre discorso del defunto presidente degli Stati Uniti, John Kennedy:

"
And so, my fellow Americans: ask not what your country can do for you - ask what you can do for your country". JFK, 20 gennaio 1961

Forse il più celebre chiasmo della storia retorica.

C'è poco da dire: un buon discorso resta sempre un buon discorso.

lunedì 26 ottobre 2009

Mi chiamo Bond... James Bond


L'anafora (dal greco anaphérō, «riporto, ripeto») consiste nella ripetizione di una parola o di gruppi di parole all'inizio di frasi o di versi successivi, per sottolineare un'immagine o un concetto.

James Bond lo sa bene: l'anafora è una questione di stile. In tutti i suoi 22 film, lo vediamo ripetere la celebre frase - il mio nome è Bond... James Bond - con cui ama presentarsi a criminali internazionali, trafficanti di droga, terroristi e belle donne.

E' di questi giorni la notizia dell'imminente inizio dei lavori per realizzare la nuova pellicola, con la
quale la Metro Goldwyn Mayer ha deciso di concludere il cammino di restyling del personaggio. Daniel Craig tornerà quindi ad interpretare il ruolo dell'agente segreto più famoso al mondo. Perché il suo nome continua a essere Bond... James Bond.

mercoledì 21 ottobre 2009

Il Conte colpisce ancora

Giornalista: «Presidente, Fioroni dice che non resta nel Pd se diventa il suo partito...».
Massimo D’Alema: «Fioroniiii, Fioroniiii... qua si dice che tu vai via dal partito...».
Giuseppe Fioroni: «Ma no Massimo. Io avevo solo paura che tu ti portavi via gli iscritti. Se tu e Bersani mi garantite che restate e con voi pure gli iscritti... resto anche io...».

Massimo D'Alema: «Ecco, era 'na cazz... La dovete smette d'annà in giro a dì cazz... Ormai c'avete una certa età».


Le diverse anime del Partito Democratico si confrontano con l’ironia (dal greco antico εἰρωνεία; eironeía, ovvero: ipocrisia, falsità o finta ignoranza). L’artificio retorico più usato, inflazionato e abusato al mondo.

C’è tensione fra l’anima cattolica e quella socialista del Pd. Il possibile ritorno di un ex comunista alla guida del partito suscita parecchie diffidenze. Ma andarsene dal maggiore partito dell’opposizione è difficile e ogni altra alternativa rischiosa. Lo sa bene il Conte Max (soprannome) che di fronte al rischio di nuove polemiche ha pensato bene di buttarla in caciara.

Concordiamo con chi ha scritto: “Massimo D’Alema sarebbe un ottimo marinaio. Pochi sono coloro che riescono a navigare così bene, senza naufragare mai completamente, nel mare della politica”.

martedì 20 ottobre 2009

C'è discorso e discorso

Questo post nasce con l'intento di chiarire alcuni concetti in merito al discorso retorico. Rischio di apparire didattico, ma il lettore non me ne voglia. A volte aiuta.

Aristotele, il simpatico vecchietto, ne La retorica suddivide il discorso retorico in tre tipologie: giudiziario, epidittico e deliberativo.


Nel discorso giudiziario l’oratore conduce il giudice nella decisione di assolvere l’innocente o condannare il colpevole, ovvero di accusare o di difendersi in un processo. Il tempo di questo discorso è il passato, nel senso che si usa in merito ad avvenimenti trascorsi.

Il discorso epidittico o celebrativo ha la funzione di lodare la bellezza e di biasimare ciò che è brutto, ma comprende anche la funzione di commemorare un evento o un personaggio importante.
Qui il tempo è presente
.

Nel genere deliberativo, infine, l’oratore interviene su una decisione per modificarne i contenuti, consiglia ciò che è utile e sconsiglia ciò che è dannoso. In questo caso il tempo è il futuro.

Conoscere le tipologie del discorso è il primo passo per comprendere la retorica. Sono questione di vita e di morte, di vittoria e sconfitta. Perciò è imperativo conoscerle e valutarle con cura. Sun Tzu sarebbe stato dello stesso avviso.


"Io sono Superman": ancora sull'antonomasia

Il Cavaliere (antonomasia) ci fornisce spesso esempi stilistici di pregio. Non intervengo sul senso e i contenuti. In retorica, non importa cosa si dice, ma come si dice. La consolazione è che con i giusti strumenti il come si dice fornisce un valido sostegno al cosa.

"Silvio è un Superman" è un altro esempio di uso dell’antonomasia. Il mutamento del nome qui si ha quando si allude ad una persona comune con il nome di un personaggio famoso.

Sono un Superman
Sono un Ercole
Sono un Dio…

Naturalmente, sconsiglio di usarlo in prima persona. Spesso l’antonomasia ha il dono di trasformarsi in megalomania.

Vedi anche il post: I giornalisti e l'antonomasia

lunedì 19 ottobre 2009

I giornalisti e l'antonomasia

La politica ci ha abituato da tempo ad una figura retorica molto simpatica: l'antonomasia.

L'antonomasia è una figura retorica con la quale ad un nome si sostituisce una denominazione, sotto forma di nome comune o perifrasi, che lo caratterizza. Viene dal greco: anti sta per «in vece di» e onoma sta «per nome». Appartiene alla categoria delle figure di senso.

L'antonomasia è una figura diffusissima, molto utilizzata nel linguaggio giornalistico. Anzi, si può dire che i giornalisti sono sempre felici di poter inventare un antonomasia da appioppare a qualche personaggio celebre. Qualche esempio... per prendere confidenza:

es.
Silvio Berlusconi è il "Cavaliere"
Romano Prodi è il "Professore"
Gianni Agnelli è "l'Avvocato"
Elvis Presley è "The King"
Totò Riina è "Il capo dei capi"

Da notare che l'antonomasia è cosa diversa dal soprannome. Una cosa è dire il "Cavaliere", un altra è dire "Sua Emittenza". Diciamo che l'antonomasia è un soprannome che viene usato in modo univoco e assoluto: fra i tanti cavalieri, fra i tanti professori, fra i tanti re... sono i più rappresentativi.

Il leone, il re della foresta

giovedì 15 ottobre 2009

Chi mi ama mi segua!

Nel 1973, lo slogan "chi mi ama mi segua" compariva sui cartelloni pubblicitari curati da Oliviero Toscani ed Emanuele Pirella che reclamizzavano la marca di jeans "Jesus".

Lo slogan è un chiaro esempio di apostrofe (da apostréphein, «volgere indietro»). Si tratta di una figura retorica particolare, detta di pensiero.

La figura di pensiero in questione si ha quando un personaggio o la voce narrante si rivolge ad un uditore ideale diverso da quello reale al fine di persuadere meglio quest'ultimo.

Utilizzando un espressione mistica e combinandola con un’immagine profana, gli ideatori della campagna nascondono l’ovvio destinatario della campagna che è, ovviamente, il consumatore. Questa combinazione è particolarmente fortunata: chi guarda è quasi obbligato a interrogarsi sulla natura del messaggio in questione.

Niente male, davvero… mi rivolgo alla modella, ovviamente!

La ragione del più forte

Trovo assurdo parlare di emissioni quando c'e' una crisi in atto.
E' come se chi ha la polmonite pensa di farsi la messa in piega...

(Silvio Berlusconi, da Corriere della sera, 11 dicembre 2008)

Ecco un bel esempio di argumentum a fortiori. Si tratta di un'argomentazione logica che procede nel seguente modo: si afferma qualcosa, confidando nella forza di un altra argomentazione la cui è evidenza è palese.

Ma attenzione: questo tipo di argomentazione è facilmente smontabile se i due aspetti a confronto non hanno una connessione.
Un buon argomentum a fortiori, per funzionare veramente, deve di fatto rientrare all'interno di una gerarchia di valori riconoscibili.

In prima battuta, Berlusconi ha messo in crisi i suoi interlocutori. Poi, timidamente, qualche osservatore attento ha messo in evidenza il paradosso del suo ragionamento: quello dell'emergenza clima non è certo un tema da parrucchiera.

mercoledì 14 ottobre 2009

Al momento giusto...

Salve a tutti,

ho deciso di aprire questo blog per riflettere sulla comunicazione contemporanea da un punto di vista diverso. Lo faccio perché mi piace, perché è divertente, perché è curioso... ed essenzialmente perché credo sia il momento giusto.

Questo mi permette di introdurre il primo argomento della giornata, quello di kairos (καιρός). E' una parola che nell' antica Grecia stava a significare il "momento giusto o opportuno".

I sofisti, spesso bistrattati, furono i primi a comprendere l'importanza di stabilire quale fosse il momento più opportuno per argomentare, approfittando così delle circostanze più favorevoli. Lo studio del kairos era quindi un momento essenziale della loro strategia argomentativa.

Se avete qualche pregiudizio rispetto ai sofisti, e in qualche misura lo posso capire, forse darete fiducia ad Aristotele, il filosofo per eccellenza. Aristotele era dell'idea che il kairos fosse uno degli elementi essenziali per la formulazione retorica, insieme al pubblico e alla preparazione del discorso.

Se ci pensate bene, vi accorgerete di quante volte la scelta del momento sbagliato abbiano giocato a sfavore della vostra argomentazione. Ora, provate a pensare a quando la situazione vi è stata favorevole. Ecco, è di questo che stiamo parlando....